La poliposi adenomatosa familiare (FAP)
INTRODUZIONE
CENNI STORICI
PRESENTAZIONE DI UNA CASISTICA CLINICA
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Tesi di Laurea
INTRODUZIONE
La poliposi adenomatosa familiare (familial adenomatous polyposis, FAP) è una malattia ad ereditarietà autosomica dominante, nella quale polipi adenomatosi, sviluppandosi durante l’adolescenza o durante la prima età adulta, progrediscono alla forma di cancro del grosso intestino entro i quarant’anni di età. Si presenta solitamente con 100 o più polipi, che frequentemente sono tubulari o tubulo-villosi e con un diametro di 0.5 cm.
Gli individui affetti sono solitamente trattati con una proctocolectomia profilattica restaurativa, oppure con colectomia ed anastomosi ileorettale seguita da una sorveglianza del moncone rettale restante.
La prevalenza della malattia è stimata dalla letteratura mondiale in circa 1 caso su 11000 nati con un range compreso tra 1:6000 e 1:13000. Non è per altro conosciuta l’esatta frequenza della mutazione genica responsabile della malattia nella popolazione generale.
La malattia può insorgere per nuove mutazioni, e questo fatto è stato evidenziato in 90 su 200 famiglie (pari al 45%) di pazienti noti presso il St. Mark’s Polyposis Registry. La comunità scientifica internazionale stima, invece, pari al 25% la quota di nuove mutazioni.
La classica triade della sindrome di Gardner (descritta per la prima volta negli anni ’50 unitamente alla sindrome di Turcot), data da poliposi del colon, tumori dei tessuti molli e tumori ossei, è stata ampliata dall’osservazione di: cancro della tiroide, tumori desmoidi, fibrosarcoma, tumori del surrene, cancro dell’ovaio, polipi gastrici, carcinoma dell’ampolla di Vater e cancro del pancreas.
La sindrome di Turcot considera l’associazione di tumori cerebrali, particolarmente il glioblastoma multiforme, ai polipi del colon.
Nella sindrome di Gardner, dapprima con studi di linkage e poi con la localizzazione molecolare, è stato isolato il gene responsabile della poliposi adenomatosa familiare nella banda 21 del braccio lungo del cromosoma 5 (5q21), da parte di Bodmer e coll. e Leppert in laboratori differenti. Il gene è stato denominato APC (Adenomatous Polyposis Coli).
Attualmente si preferisce superare la distinzione nelle tre forme succitate, considerando la poliposi adenomatosa familiare come una malattia ad ereditarietà autosomica dominante che include lo sviluppo di alcune migliaia di adenomi colorettali e varie manifestazioni extracoliche.      Tutti i pazienti non trattati sono destinati a sviluppare un adenocarcinoma del colon. La formazione degli adenomi è un fenomeno progressivo e la diagnosi di FAP è attualmente accettata sulla base di una storia familiare verificata e sul reperto colonscopico di almeno 100 adenomi.

CENNI STORICI
I primi casi di FAP furono descritti negli anni 1881-1882 ed alcuni anni dopo venne riportato lo sviluppo del carcinoma colorettale in questi pazienti.
Il primo registro per la poliposi fu organizzato nel 1925 presso il St. Mark’s Hospital di Londra e già in allora si identificò la FAP come una malattia a trasmissione mendeliana dominante.
Alcuni anni più tardi venne definita come trattamento chirurgico la colectomia con ileo-retto anastomosi.
Nel 1951 Gardner riportò un caso di poliposi familiare con manifestazioni multiple extracoliche.
Nel corso degli anni ’80 venne ipotizzata la proctocolectomia restaurativa come possibile trattamento.
Solo nei primi anni ’90 è stato localizzato sul cromosoma 5 il gene APC, le cui mutazioni sono responsabili dell’insorgenza della FAP.
 

PRESENTAZIONE DI UNA CASISTICA CLINICA
Sono stati trattati tre casi di FAP, dal 1989 al 2000, in persone appartenenti allo stesso gruppo familiare: madre (caso 1) e due figlie (caso 2 e caso 3).
Caso 1 La madre giungeva per la prima volta all’osservazione all’età di 41 anni in seguito alla comparsa di diarrea (7-8 scariche giornaliere), associata a proctorragia. All’esplorazione rettale si repertava una massa polipoide di consistenza dura a circa 1 cm dalla rima anale ed una diffusa rigidità della parete. La ricerca del sangue occulto nelle feci dava un esito debolmente positivo; il CEA all’ingresso era 2,4 ng/ml. La colonscopia eseguita 2 mesi prima del ricovero dimostrava un quadro di poliposi colica diffusa e, al livello della mucosa ano-rettale, irregolarità con aspetto vegetante e sanguinante. L’esame istologico delle biopsie eseguite rilevava la presenza di atipia grave. Il controllo colonscopico successivo dimostrava nel colon discendente e nel sigma una mucosa tappezzata di polipi sessili; al livello dell’ampolla rettale si visualizzava una grossa formazione polipoide sessile spontaneamente sanguinante. Il clisma a doppio contrasto confermava la presenza di piccoli polipi tappezzanti la mucosa del colon dal retto al ceco, mentre al livello dell’ampolla rettale dimostrava la presenza di due formazioni polipoidi con retrazione della base d’impianto. All’esofagogastroduodenografia non risultavano alterazioni a carico dello stomaco e del duodeno. Confermata la diagnosi di poliposi adenomatosa, la paziente si sottoponeva ad intervento di rettocolectomia totale con ileo pouch-ano anastomosi. Nel decorso post-operatorio, con la ripresa della canalizzazione avvenuta in seconda giornata, la paziente presentava alvo diarroico (fino a 10 scariche giornaliere). A distanza di circa un anno dall’intervento la paziente riferiva la comparsa di una tumefazione della parete addominale in sede ipogastrica paramediana, per cui eseguiva un’ecografia la quale evidenziava in corrispondenza del reperto palpatorio una formazione ipoecogena, di 49x25x42 mm di diametro massimo, caratterizzata da margini irregolari e disomogeneità ecostrutturali interne. Si eseguiva l’intervento di exeresi, con il quale veniva rimossa, dal muscolo retto di destra, una massa di circa 5 cm, che all’esame istologico risultava essere una neoplasia di origine mesenchimale.
Nello stesso ricovero il dosaggio del CEA risultava abbondantemente nella norma. Il transito intestinale non presentava alterazioni significative. A distanza di quattro anni dall’intervento l’insorgenza di episodi recidivi di pouchite rendeva necessario un intervento di defunzionalizzazione, per cui si eseguiva una ileostomia di protezione su “baguette”, che veniva successivamente rimossa.
Otto anni dopo il primo intervento, la paziente giungeva nuovamente all’osservazione lamentando da circa quattro mesi malessere con senso di distensione e peso addominale, accompagnato da tenesmo rettale ed occasionali episodi di enterorragia.
Per questa ragione eseguiva una TC dell’addome che evidenziava: in sede periombelicale una formazione nodulare ipodensa; superficialmente alla muscolatura lombare a destra, in sede sottocutanea, una formazione nodulare di 4 cm di diametro massimo, clivata rispetto ai piani muscolari, a densità sovraliquida; aumento di densità del tessuto lasso in sede precoccigea; aumento di dimensioni a contrast enhancement disomogeneo a carico di collo e corpo dell’utero e cupola vaginale, con aumento di densità del tessuto lasso circostante; formazione tondeggiate ipodensa contigua ai vasi iliaci esterni di sinistra, di dubbia attribuzione; iperemia del canale anale.
La paziente veniva sottoposta ad intervento di laparotomia esplorativa, con asportazione di neoplasia anale e confezionamento di ileocutaneostomia. A distanza di circa due anni si rilevavano i segni di recidive neoplasticche locali e di infiltrazione neoplastica dell’utero: la TC del torace e dell’addome dimostrava: presenza di piccolo nodulo subpleurico a sinistra; in sede presacrale e coccigea un’estesa area di bassa densità centrale (necrosi e colliquazione) con elevato contrast enhacement periferico da iperemia; evidenti fenomeni infiltrativi nel tessuto adiposo presacrale con colliquazione coinvolgente il capo posteriore del muscolo otturatore e del gluteo; iperdensità che dalla tuberosità ischiatica si estende fino al grande labbro di destra che risulta ampiamente coinvolto; infiltrazione della parete posteriore dell’utero; neoformazione benigna di circa 4 cm di diametro localizzata posteriormente alla spina iliaca posteriore di destra; non evidenti lesioni focali a carico di fegato, reni, surreni, pancreas e milza.
A distanza di sei mesi circa, la paziente decedeva per cachessia neoplastica.
Caso 2 La figlia maggiore, diabetica dall’età di 12 anni, giungeva all’osservazione, per la prima volta, all’età di 22 anni, in seguito alla comparsa di una sintomatologia caratterizzata da dolori addominali localizzati ai quadranti inferiori ed irradiati posteriormente, soprattutto a sinistra, con andamento continuo ed intensità lieve. La paziente presentava, inoltre, frequenti evacuazioni di piccole quantità di feci di consistenza ridotta, meteorismo, febbricola, ipooressia; riferiva altresì un episodio di proctorragia. Eseguiva pertanto una Rx clisma con doppio contrasto che metteva in evidenza un'immagine di minus del giunto retto-sigmoideo ed immagini riferibili a formazioni polipoidi sessili e peduncolate nel colon destro fino oltre la flessura epatica. La colonscopia, condotta solamente fino al colon discendente prossimale, dimostrava la presenza di formazioni polipoidi, vegetanti nel lume, facilmente sanguinanti a livello dell’ampolla rettale e del sigma, e substenosi. L’aspetto endoscopico di tali formazioni polipoidi deponeva per una grave poliposi con aree sospette per degenerazione, in corrispondenza delle quali venivano eseguite prese bioptiche. L’esame istologico dei frammenti prelevati dai polipi poneva diagnosi di adenoma villoso con atipia grave. La TC clisma, eseguita durante il ricovero, rilevava la presenza di plurime neoformazioni di parete di aspetto polipoide, peduncolate, di dimensioni non superiori a 2-3 mm, localizzate al colon ascendente, alla flessura colica di destra ed al colon discendente. Tali formazioni presentavano contrast enhancement ed apparivano riferibili a molteplici polipi del colon. La TC clisma dimostrava, poi, una neoformazione ad intenso contrast enhancement, localizzata tra il sigma ed il retto, con caratteristico aspetto a “torsolo di mela”. Nel lume dell’ampolla si evidenziava, inoltre, una neoformazione sessile della parete laterale destra a discreto contrast enhancement. Il tratto distale del sigma, il retto e l’ampolla presentavano una parete ispessita; in corrispondenza dell’ultimo tratto del retto il lume appariva deformato, fino all’inizio del canale anale. alcuni noduli, riferibili a linfonodi, del diametro massimo di 1,5 cm, venivano rilevati in sede perirettale, presacrale e nel tessuto adiposo intorno al sigma. Posta diagnosi di poliposi adenomatosa familiare con trasformazione neoplastica a livello della giunzione retto-sigmoidea, si decideva per l’intervento chirurgico di colectomia ed amputazione addomino perineale totale secondo Miles, con confezionamento di reservoir ileale ed ileostomia definitiva. La terapia adiuvante, iniziata a distanza di circa 3 mesi, consisteva in radioterapia, somministrata in 25 applicazioni di 200 cG per una dose complessiva di 5000 cG. Si eseguiva un’esofagogastroduodenografia che dimostrava la superficie gastrica interamente tappezzata da lesioni polipoidi di piccole dimensioni, multipli difetti di riempimento riconducibili a lesioni di tipo polipoide a livello del bulbo e della seconda porzione duodenale. Si eseguiva di conseguenza un’esofagogastroduodenoscopia che dimostrava la presenza di micropolipi diffusi, della grandezza variabile da 3 a 7 mm, localizzati nel fondo e nel corpo gastrico, polipi sessili di 3-5 mm nel bulbo ed alcune rilevatezze mucose nella seconda porzione del duodeno. L’esame istologico, eseguito sulle prese bioptiche, dimostrava trattarsi di adenomi tubulari duodenali e di polipi cistici delle ghiandole fundiche; in un campione di mucosa duodenale si dimostrava una displasia adenomatosa di alto grado. Circa 2 mesi dopo la paziente iniziava cicli di chemioterapia con 5-fluorouracile.
A distanza di un anno dal primo intervento ed a sei mesi dal primo follow-up endoscopico, eseguiva una seconda endoscopia digestiva nel corso della quale veniva realizzata la coagulazione di un adenoma duodenale sessile di 4 mm nella parete bulbare posteriore e di sei polipi gastrici, mediante argon plasma coagulator. Eseguiva inoltre una risonanza magnetica dell’addome superiore per individuare eventuali localizzazioni metastatiche al fegato: l’esito era positivo per lesione secondaria unica di 1 cm in S7. Si procedeva quindi alla metastasectomia con accesso sottocostale destro.
Una TC del torace dimostrava un micronodulo non tipizzabile date le dimensioni localizzato al lobo polmonare superiore destro. Successive scansioni TC a distanza di sei mesi dimostravano alcune lesioni secondarie ai polmoni ed una nuova lesione secondaria epatica; la TC cerebrale risulta peraltro negativa. La duodenoscopia rivelava la presenza di un polipo sessile di 3-5 mm di diametro, che veniva biopsiato: il referto istologico parlava di displasia adenomatosa di alto grado. La paziente ha recentemente eseguito ulteriori accertamenti che hanno dimostrato un aumento volumetrico delle formazioni nodulari polmonari bilateralmente; le indagini eseguite sul fegato hanno dimostrato una ecostruttura diffusamente disomogenea, inoltre al settore mediale del lobo destro è localizzata una voluminosa neoformazione solida disomogenea di 6,5 cm di diametro che comprime posteriormente il ramo destro della vena porta senza segni infiltrativi.
Caso 3 La figlia minore giungeva all’osservazione per la prima volta a 17 anni, presentando anemia microcitica ipocromica, mucorrea ed episodi di proctorragia. l’ispezione ed esplorazione rettale dimostravano un aspetto vellutato e morbido dell’ampolla rettale. La rettoscopia confermava la diagnosi di FAP. la biopsia della mucosa rettale dimostrava trattarsi di adenoma tubulare senza note di displasia grave. Il clisma opaco evidenziava la presenza di dolicosigma e rilevava altresì multiple immagini rotondeggianti di tipo polipoide tappezzanti il grosso intestino. Il dosaggio del CEA risultava nella norma. La paziente veniva quindi sottoposta a terapia chirurgica preventiva: colectomia totale con ileoretto anastomosi a 10 cm circa dalla rima anale, previo confezionamento di reservoir ileale. Durante il decorso postoperatorio la paziente presentava saltuarie proctorragie di modesta entità. L’esofagogastroduodenografia dimostrava a livello della grande curvatura gastrica plurime piccole formazioni polipoidi diffuse a tappeto, estese fino all’angulus. Non si evidenziavano alterazioni a carico del duodeno. Alle successive indagini di follow-up venivano trattate a più riprese, per mezzo dell’argon plasma coagulator, numerose formazioni polipoidi dell’ampolla rettale (20-40). L’indagine endoscopica su stomaco e duodeno ha recentemente dimostrato polipi sessili di 2-4 mm al fondo gastrico e alcuni polipi nella seconda porzione del duodeno, che sono stati trattati sempre con argon plasma.
Nei tre casi riportati l’aggressività della malattia è risultata decisamente maggiore nella prole: l’età di comparsa del carcinoma del retto nella madre è stata di 40 anni, mentre la forma maligna è insorta nella prima figlia a soli 22 anni. È interessante notare come la figlia più giovane al momento attuale risulti essere affetta da una forma meno aggressiva della malattia.
Nella famiglia studiata sono state osservate solo alcune delle anomalie extracoliche note nella FAP: abbiamo potuto individuare infatti unicamente anomalie dentarie, osteomi dell’osso frontale, adenomi gastrici e duodenali; tumori desmoidi sono stati riscontrati solamente nella madre.

IMMAGINI
Di seguito vengono riportate le immagini più significative dei 3 casi clinici segnalati sopra: le didascalie compaiono puntando sull'immagine e lasciando il mouse fermo per qualche secondo.
(alcune immagini arrivano ad occupare 1,2 M, pertanto il caricamento può essere oltremodo lungo in caso di connessione lenta)
 

Reperto operatorio di poliposi familiare: 1 - nel colon Dx numerose formazioni polipoidi sessili, nel colon di Sn numerosissime formazioni polipoidi peduncolate con cancerizzazione del giunto retto-sigma. 2 - cancerizzazione ulcerata a bordi rilevati 3 - formazioni polipoidi peduncolate 4 - polipi sessili e peduncolati.
Tratto di grosso intestino con polipi tubulari peduncolati, non cancerizzati (E.E. 4x). Adenoma tubulare con displasia di grado lieve-moderato (E.E. 10x). Adenocarcinoma del grosso intestino ben differenziato (E.E. 25x). Analisi molecolare di DNA con mutazione APC
ima di riferimento
Colonscopia: massa sanguinante aggettante nel lume del retto. Colonscopia: numerose formazioni polipoidi sessili e peduncolate tappezzanti la mucosa del sigma. TC spirale dell'addome previa distensione retrograda del colon con soluzione acquosa di metil-cellulosa e ipotonizzazione farmacologica. 1 - formazione polipoide (freccie) di 1.5 cm sulla parete posteriore del colon discendente. 2 - grossa formazione polipoide aggettante nel retto.
3 - infiltrazione carcinomatosa della parete con stenosi in corrispondenza del giunto retto-sigma. 4 - infiltrazione carcinomatosa della parete del terzo superiore del retto con sconfinamento nel tessuto adiposo posteriore e linfonodo pararettale aumentato di volume. Duodenoscopia: rilevatezze mucose della parete posteriore della seconda porzione del duodeno. Rx clisma con doppio contrasto: immagine di minus del giunto retto-sigma; nel colon destro e nella flessura epatica immagini riferibili a formazioni polipoidi sessili e peduncolate.

TESI DI LAUREA Sull'argomento FAP è disponibile la Tesi di Laurea del Dr. Federico Ronzitti dal titolo: "Problematiche chirurgiche nella poliposi adenomatosa familiare" (scarica formato doc formato pdf). Dalla Tesi è stata tratta buona parte del materiale necessario alla realizzazione di questa pagina web.

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