La vagotomia tronculare posteriore con sieromiotomia anteriore
è stata proposta da Taylor nel 1979. Questo intervento, come la
fundoplicatio,
era caduto in disuso a causa della necessità di una ampia laparotomia
con una energica e prolungata trazione sottocostale. Da ciò derivava
l'intenso dolore postoperatorio e la necessità di una ospedalizzazione
prolungata. Grazie alle metodiche videolaparoscopiche tutte le complicanze
legate all'accesso parietale sono state eliminate e questo intervento,
divenuto obsoleto con l'avvento di nuovi farmaci (in particolare gli H2
antagonisti), ha riacquistato la propria validità. Anzi oggi si
può affermare con sicurezza che la dipendenza farmacologica dagli
anti-H2 è una indicazione primaria all'intervento di Taylor per
via VL.
La riproposta in chiave VL dell'intervento di Taylor
è opera di J. Mouïel e N. Katkhouda ed è stato praticato
per la prima volta a Nizza nel 1989.
Di seguito descriviamo le fasi principali dell'intervento.
Figura 1
L'accesso utilizzato è fondamentalmente simile
a quello della colecistectomia VL anche se a
livello ombelicale siamo soliti utilizzare due port posti sull'ombelicale
trasversa a circa 3 cm dall'ombelico.
Figura 2
Si procede dunque alla trazione in direzione caudale
dello stomaco e all'apertura della riflessione peritoneale che ricopre
il cardias e la porzione addominale dell'esofago fino ad evidenziare i
nervi vaghi.
Figura 3
La dissezione deve essere meticolosa e l'emostasi accurata
per evitare tanto la perforazione dei visceri quanto noiosi stillicidi
ematici post-operatori.
Figura 4
Quando il nervo vago posteriore è identificato
con sicurezza può essere interrotto tra due clip.
Figura 5
La sezione del nervo vago può essere praticata
con l'elettrocauterio o meglio con le forbici.
Figura 6
Il frammento di nervo vago dovrebbe essere lungo almeno
2 cm e dovrebbe essere inviato all'esame istologico. Con l'asportazione
del frammento di nervo vago posteriore termina
la fase volta a denervare la porzione gastrica posteriore
e inizia la sieromiotomia anteriore che è
indirizzata a interrompere in modo superselettivo
i rami anteriori destinati alla regione fundica
preservando il nervo di Latarjet che garantisce
la motilità della pompa antropilorica.
Figura 7
La linea lungo la quale eseguire la sieromiotomia inizia
a livello del cardias, si prolunga a circa 1,5 cm dalla piccola curva e
termina all'antro gastrico a circa 5-7 cm dal piloro.
Figura 8
La profondità della sieromiotomia è tale
da interrompere tutte le fibre nervose vagali. Questa manovra si esegue
con il crochet coagulatore fino a quando non compare la sottomucosa. L'emostasi
deve essere molto accurata e può essere necessario utilizzare qualche
clip emostatica sui vasi venosi di maggior calibro. L'intervento è
stato praticato con successo anche utilizzando l'energia LASER fornita
da apparecchi Nd-YAG a contatto.
Figura 9
In questa immagine si può apprezzare la profondità
alla quale spingersi per sezionare la tunica sieromuscolare.
Figura 10
L'intervento prevede la ricostruzione della parete sovrapponendo
i due margini della sieromiotomia a "doppio petto". Alcuni chirurghi fissano
il lembo con alcuni punti staccati di sutura, mentre altri eseguono una
sutura continua. Noi abbiamo praticato una fissazione con alcune clip metalliche.
Figura 11
La sovrapposizione deve essere accurata sia per evitare
aderenze sia per evitare l'affrontamento dei monconi nervosi.
Figura 12
L'aspetto finale di un tratto della sieromiotomia.
L'intervento dura in media 2 ore e non esistono controindicazioni
particolari all'intervento (cfr controindicazioni
assolute all’intervento di video-laparo-colecistectomia).
Se si è risparmiato il nervo di Latarjet e non
vi sono problemi funzionali alla pompa antropilorica, con conseguente prolungato
ristagno gastrico, generalmente l'ospedalizzazione non supera i tre giorni
necessari alla risoluzione dell'ileo postoperatorio. Nel postoperatorio
non vi sono particolari prescrizioni farmacologiche o dietetiche. Il follow-up
deve contemplare uno studio pH-metrico e un controllo ambulatoriale a sei
mesi di distanza dall'intervento.